Addio Scozia, il miglior whisky è giapponese

Un altro mito che cade: il whisky scozzese, che ha appena evitato i rischi del referendum secessionista, viene scaraventato giù dal podio da un whisky giapponese. Come se un vino italiano o francese fosse battuto da un cinese. Eppure è questo il verdetto della World Whiskey Bible, la super guida del settore curata da Jim Murray. Per la prima volta in 12 anni, da quando esce la guida, il miglior whisky del mondo è  risultato un giapponese,  il Suntory Yamazaki Single Malt Sherry Cask 2013, che ha ottenuto 97,5 punti su 100.

 

Nessuna bottiglia scozzese si è piazzata tra i primi cinque. Un dramma per il superalcolico celebrato mille volte al cinema (l’ultima pellicola che gli è stata dedicata, due anni fa, è “La parte degli angeli” di Ken Loach). I giapponesi, comunque, non sono gli ultimi arrivati nel settore del whisky, anche se a lungo i loro prodotti sono stati considerati un esercizio esotico e nulla più. La distilleria Yamazaki, che si trova vicino a Kyoto, esiste dal 1923, ed è considerata un gioiello industriale. Il liquore premiato è un single malt, invecchiato fino a 15 anni, in botti usate per lo sherry, prodotto in sole 18 mila bottiglie che possono essere acquistate online a 160 dollari l’una. Un distillato  audace e geniale, l’ha definito Murray.

Il degustatore, che ha passato in rassegna 1.000 dei 4.700 whisky recensiti dalla guida, ha spiegato che la storia e la reputazione delle nazioni conta poco quando si parla di whiskey, ormai la competizione è mondiale.  Dopo quello di Yamazaki, Murray ha premiato al secondo, terzo e quarto posto tre bourbon statunitensi, mentre il miglior europeo è risultato  il Chapter 14 Not Peated della English Whisky Company.

 

Il whisky fa guadagnare alla Scozia, con l’export, 5,5 miliardi, più del vino  all’Italia. Dà lavoro a 35 mila persone. Le vendite sono in calo, nel primo semestre del 2013 sono scese dell’11 per cento, anche a causa della flessione dell’import in Cina e nell’intera Asia. Per i produttori l’ultimo rischio evitato è stato il referendum del 18 settembre, perché l’indipendenza avrebbe portato all’aumento del costo dei cereali usati per la distillazione e l’aumento dei costi per l’export. Ora l’ultima tegola viene dall’Oriente, con il sorpasso del whisky giapponese su quello scozzese.

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