Addio al patriarca del vino Livio Felluga morto a 102 anni

l grande vignaiolo si è spento nella sua casa di Brazzano nella notte di giovedì. La notizia diffusa dalla famiglia a funerali avvenuti. «Ci ha insegnato la vita»di Maurizio Cescon

 

 

CORMONS. Livio Felluga se n’è andato, in punta di piedi a pochi giorni dal Natale. Il patriarca del vino, l’uomo che ha dato un’identità e una nobiltà all’enologia della terra friulana, si è spento nella sua casa di Brazzano di Cormons, nella notte tra mercoledì e giovedì.

 

A 102 anni si è spento il patriarca del vino, Livio Felluga

 

Aveva compiuto 102 anni il primo settembre. I congiunti, la moglie Bruna e i figli Aldo, Elda, Filippo e Maurizio, il fratello Marco (anche lui noto vignaiolo) ne hanno dato notizia a funerali avvenuti, celebrati in forma strettamente privata.

 

Riserbo impenetrabile da parte della famiglia, affranta per la perdita. Trapelano poche parole affidate ai figli. «E’ stato un padre meraviglioso, già ci manca e ci mancherà sempre. Ma lui ci ha insegnato la vita. Lo ricordiamo come un guerriero, la sua è stata un’avventura stupenda.

E quando gli fu conferita la laurea honoris causa in Viticoltura a Udine toccò il cielo con un dito. Perchè per lui la cultura significava libertà e diceva che aveva il potere di abbattere i muri».

Quella di Livio Felluga, il contadino, come amava definirsi, dicendo «è il massimo degli elogi», è una storia di imprenditoria illuminata che affonda le sue radici nell’impero austro ungarico, anno del Signore 1914, quando i tamburi di guerra rullano già e le artiglierie degli eserciti incendiano il Vecchio Continente.

Livio nasce al crepuscolo di quell’estate a Isola d’Istria, un paese di matrice veneziana che sembra “stiracchiarsi” verso il mare. E tutta la sua vicenda umana si intreccia con gli avvenimenti di quella particolare terra che circonda l’estremo Nordest italiano, il punto di contatto fra il Mediterraneo e l’Europa centrale.

Storia di confini più volte cambiati e calpestati, imperi scomparsi, guerre che sono passate, storie di genti che qui si sono fermate.

E’ l’epopea di una famiglia che è passata attraverso due conflitti mondiali, è vissuta sotto Francesco Giuseppe prima e nel giovane Regno d’Italia poi, ha abitato sulla costa rocciosa della penisola istriana e nella Grado lagunare, per stabilirsi quindi sul Collio.

Il ritorno in Italia non fu facile per i reduci della Seconda guerra mondiale, soprattutto per chi aveva lasciato moglie e figli in questo martoriato angolo d’Europa. La popolazione contadina se ne stava andando, impoverendo la terra e abbandonando colture, valori e tradizioni ad essa legati.

Livio Felluga dovette intraprendere una nuova battaglia per far risorgere la collina convinto che solo la rinascita della coltivazione di qualità poteva riportare la vita nella campagna. Con grande coraggio cominciò a risistemare i vecchi vigneti e a impiantarne di nuovi, introducendo idee e metodi innovativi.

Un lavoro duro fatto con grande caparbietà e passione che lo porterà nel corso degli anni a creare una delle più belle e significative realtà aziendali, acquisendo a pieno diritto il titolo unanimemente riconosciutogli di rifondatore della tradizione enoica friulana.

Nel Dopoguerra l’intuizione che gli valse la fama: Tocai, Refosco e Malvasia non bastavano. Servivano vini di collina, vini di qualità. Ed è quello che fece il patriarca.

«Il mio sogno - raccontò in un’intervista - si realizzò negli anni Cinquanta, quando acquistai i primi ettari di vigneto a Rosazzo. Erano tempi difficili. La collina era in totale abbandono. Sorgevano le prime industrie e i contadini preferivano avvicinarsi alle città e al lavoro nelle fabbriche.

Lo stesso paesaggio stava mutando. La mia sfida era oppormi a tutto ciò cercando di rendere nuovamente produttiva la collina.

Il tempo mi ha dato ragione: Rosazzo oggi è considerata una delle zone più vocate. Con l’inconfondibile etichetta della “carta geografica” indicai la provenienza delle nostre uve a garanzia di un prodotto di qualità.

Scelsi Brazzano come luogo definitivo della cantina che si amplierà di pari passo con l’aumentare della produzione. Oggi la nostra azienda vanta un’estensione di 155 ettari a vigneto per una produzione media di 800 mila bottiglie l’anno apprezzate in tutto il mondo.

Ho creduto nelle mie convinzioni, ho sconfitto la diffidenza, i luoghi comuni e ancora adesso mi dedico alla campagna con grande passione insieme ai miei figli. Maurizio, Elda, Andrea e Filippo sono il presente e il futuro, e la mia più grande soddisfazione è proprio vedere che essi hanno ereditato il mio amore per la terra, per la tradizione e per la qualità».

«Livio Felluga può essere considerato uno dei padri della rinascita vitivinicola italiana del Dopoguerra quando le colline vitate andavano spopolandosi», disse il professor Roberto Zironi conferendogli nel 2009 la laurea honoris causa. Fino a oltre i 95 anni Felluga guidava un fuoristrada per i campi, e controllava di persona le vigne, commentando con il suo perduto dialetto veneto-istriano.

Nelle ultime estati si fermava soprattutto su una altura, «a sentire il tempo che scorre», rammenta adesso chi lo ha conosciuto bene. Il traguardo dei 100 anni, nel 2014, è stato festeggiato degnamente, con una bottiglia dedicata all’evento.

L’ultimo riconoscimento a Vinitaly nel 2015 che si aprì nel migliore dei modi per il Friuli. A Livio Felluga, infatti, fu assegnato il prestigioso Premio Internazionale.

Era la prima volta, da quando il premio fu istituito nel 1996, che a vincerlo fu un’azienda della nostra regione. Ora il guerriero, che ha visto scorrere i tormenti del Novecento, che amava la cultura e il sapere alla pari del suo vino prestigioso e noto in tutto il mondo, non è più tra noi.

Al Friuli mancherà tantissimo e la sua terra troverà il modo di onorarlo nel migliore dei modi.

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